Eccoci pronti a un’altra avventura… questa volta nelle nostre valli, con una zia arrivata da lontano (Madrid) e su un sentiero mai fatto prima: il – mitico – giro dei 5 laghi nel Parco delle Orobie. Se partite da Milano si deve contare circa un’ora e mezza di auto. 

Sveglia presto – il canino era già in piedi alle 6 nonostante le nostre proteste, colazione al volo, tappa panini dal mitico Cristian (se vi capita, fa ottimi prodotti km zero, formaggi inventati da lui che sono dell’altro mondo e beh, affettati e salumi che commuovono! Lo trovate a Ponte Seghe – Ardesio) e poi in auto verso la Località Bartolocc – Valgoglio. Parcheggiate seguendo le indicazioni per Ristoro 5 Laghi. 

Ora, è bene fin da subito che vi raccontiamo lo sconforto che ci ha assalite durante il primo tratto, in cemento e con una verticalità spacca gambe, giusto per iniziare bene. Dopo questo piccolo sprint, si arriva a una baita bellissima che precede il bosco in cui passiamo la prossima oretta e mezza. Il sentiero sale nel faggeto e Loki si sbizzarrisce inseguendo legnetti lanciati e importunando altri cani in passeggiata. 

Non è importunare, è socializzare e mi è sempre stato detto che è importantissimo e bellissimo mostrarsi socievoli e giocare, a me piace così tanto che spesso ignoro i richiami della mia umana mentre corro a salutare nuovi amici, quadrupedi e non… comunque Yuma, il prima cane che abbiamo incontrato oggi è stato simpaticissimo; peccato che i suoi due umani andassero decisamente più spediti del mio branco di oggi, così non sono più riuscito a salutarlo! 

La prima tappa è raggiungere le baite ENEL che segnano l’effettivo inizio del giro ad anello che lega i 5 laghi. Dunque, per raggiungerle – oltre al tratto in salita cementata – si sale con ancora un paio di punti in cui ci si rivolge a qualche divinità di pronto soccorso. Il primo tratto da preghiera accompagna l’acquedotto che incrocerete, a essere onesti, avrete due vie (di cui la seconda noi l’abbiamo scoperta scendendo, ovviamente): la prima – quella che abbiamo fatto noi, non conoscendo l’alternativa – è seguire il sentiero che affianca l’enorme tubo verde – che salendo, terrete sulla sinistra – finché non incrocia un sentiero che procede sulla destra (attenzione che si può andare ancora avanti per un tratto affiancandolo, ma per noi tirava eccessivamente); la seconda alternativa, invece, è il sentiero che vedrete segnato bianco-rosso su di un albero, tenendo l’acquedotto sulla destra e che si ricongiunge al primo al termine della prima tranche di salita intensa. 

Una volta passato il punto-acquedotto il sentiero s’inoltra ancora nel bosco fino a raggiungere uno snodo segnalato da un paio di cartelli in legno (e affiancato a un ponte sul torrente). Da qui teniamo la sinistra, attraversiamo i boschi finché non diradano e arriviamo così alle pendici della montagna che ci presenta con orgoglio il secondo punto cruciale; arrivati a un bivio segnalato, tenete la sinistra con indicazione Baita Cernello e poi, armatevi di santa pazienza: si svalica.  

Iniziamo a salire e inutile dire che Loki ha fatto ogni tratto del sentiero correndo e saltando e sbeffeggiandoci con la sua instancabile agilità. Noi, nel mentre, eravamo concentrate sull’ammirare il paesaggio mentre recuperavamo il fiato perduto. E il paesaggio è mozzafiato davvero, incredibile quanto maestose siano queste montagne. 

Non saprei dire se fosse o meno una strategia, ma mentre io correvo, annusavo, salive e scendevo, ho notato che spesso le due umane avevano in mano i telefoni e facevano foto e video a non finire… secondo me non avevano voglia di salire… 

Raggiunto l’ultimo tratto di questa massacrante salita ci prendiamo una pausa acqua-cioccolato su un masso nel vuoto che ci fa ammirare un orrido pazzesco sulla destra e le valli orobiche davanti a noi. Zaino in spalla e raggiungiamo, con ancora una ventina di minuti di salita, le baite ENEL dove Loki fa conoscenza con il cane-guardiano (che si vede letteralmente un tontolupo fiondarsi verso di lui con grazia ed eleganza – mentre noi ringraziavamo che fosse di buon carattere). 

Mi chiamava abbaiando come un pazzo, cosa dovevo fare, ignorarlo? Mi sembrava maleducato! Però non è che si è fatto tanto avvicinare, io avevo capito volesse giocare, ma qui credo di aver toppato interpretazione…

Ora, le baite ENEL segnano il vero inizio dell’anello, che può essere percorso in entrambi i sensi, ma noi – col senno e la fortuna di poi – consigliamo quello in senso antiorario e che racconteremo da qui in poi, perchè c’è un punto (soprannominata Scala di Mordor) in cui trovarsi dall’altra parte con il cane rischierebbe di compromettere l’intero trekking; ma andiamo con ordine. 

Baite ENEL – Lago Succotto

Appena in vista delle baite (impossibile confonderle, sono una manciata di casupole immerse in un prato verde da cui scende a valle l’acquedotto di prima); fate attenzione che sulla destra parte il sentiero che si deve seguire per raggiungere la Baita Cernello, prima della quale, a 15 minuti circa incontrerete il primo lago nel quale ovviamente Loki si getta senza pensarci due volte – e lo capisco, se non ci fosse stato il venticello autunnale il colore di quelle acque avrebbe invogliato anche me a buttarmi! 

Che figata pazzesca i laghi alpini!!! Hanno un’acqua buonissima, freschissima e in cui è una vera goduria tuffarsi! 

Lago Succotto – Lago Cernello

Appena sulle sponde del lago, guardando a nord-ovest vedrete già il muro della diga che crea il secondo e costeggiando il primo, in una mezz’oretta abbondante raggiungerete la Baita e il lago che ne prende il nome. Da qui la salita non è impossibile e si può ammirare il paesaggio che inizia ormai a marcare il suo lato selvaggio con la quasi totale assenza di vegetazione se non i prati alpini e qualche ginepro orgoglioso. 

E profumi interessanti, non sono ancora in grado di dargli un nome o una forma, ma era passato qualcosa di interessante per quelle zone… la mia umana diceva alla zia che quelle zone sono piene di stambecchi, io ancora non so cosa siano, ma certamente vorrei conoscerli!

Lago Cernello – Lago Campelli

Superiamo la diga passeggiandoci su, ammirando i colori di questo paesaggio roccioso e seguendo le orme bagnate lasciate dal lupo che chiaramente ha inaugurato anche questo lago con un elegante tuffo (su entrambe le sponde in realtà). 

Laghi Campelli – Lago d’Aviasco

Da qui, dopo un sorso di tè caldo e un morso al cioccolato, proseguiamo tra sali e scendi di lieve entità immergendoci all’interno di una valle brulla e rocciosa che nasconde una ripida dorsale da superare; già… i punti critici non sono finiti, ma sapete cosa? Se voleste fare questo giro andreste preparati, mica come noi che ogni volta speravamo fossero l’ultima. 

Arrivati alla bocchetta si ammira ai nostri piedi il primo dei Laghi Campelli (che noi abbiamo trovato quasi in secca) per poi raggiungere il secondo dal quale parte l’ultima grande salita. Salutiamo queste meraviglie con il tocco umano del muro della diga per affrontare la parete rocciosa che ci lascia senza parole e che fa ridere chi ne scende al vedere le espressioni sui nostri volti. Ora ecco la Scala Mordor, non so se avete mai visto Il Ritorno del Re (della trilogia il Signore degli Anelli), ma c’è una scena che potrebbe essere tranquillamente ispirata a ciò che ci siamo trovati davanti: un muro roccioso, attrezzato con catene e una ripidissima scala. 

Per i canino-dotati sappiate che è dura, io il lupetto l’ho dovuto tenere dalla pettorina perchè saltellava come un grillo, ma era letteralmente in piedi e un minimo errore di calcolo e… beh, non sarebbe stata una bella scena. Momento serietà: la scala sale dritta per dritta e se il vostro amico quadrupede è di piccola taglia vi consiglio di valutare di portarvelo su in braccio. C’è comunque la possibilità di agganciarlo alla cordata con il guinzaglio e aiutarlo a salire, un consiglio: è un punto rischioso, valutate bene prima di procedere e non azzardatevi oltre se non siete in totale sicurezza. 

Una volta passata la Scala avrete ancora un tratto in forte salita, con gradoni che segnano il sentiero che vi condurrà al quarto lago, quello di Aviasco. Ovviamente Loki ignora i gradoni e preferisce arrampicarsi sulla nuda roccia, come Musafa nella gola (sempre per rimanere coerenti alle citazioni filmiche). Il vento in quota si fa sentire, ma, ammirando il lago mentre attraversiamo la diga, ciò non ci distoglie dalla lieta novella: il quarto lago è quello della pausa pranzo e mentre il lupetto insegue pezzi di salsiccia essiccata che gli lanciamo per distrarlo, noi ci gustiamo quelle meraviglie di panini che ci profumano gli zaini da ore! Arriviamo al Lago d’Aviasco alle 14,30 circa. 

Lago d’Aviasco – Lago Nero

Finiamo il panino, Loki si fa un altro abbondante bagno in compagnia di una bellissima Border cioccolato di due anni che lo tollera a malapena e poi ci si rimette in marcia, ma con uno spirito diverso: da qui si prosegue sostanzialmente in discesa. 

Stop: devo correggere una lieve inesattezza… la Collie mi adorava, solo che non voleva darlo a vedere e non le piaceva tanto  che mi tuffassi anche io a caccia dei  sassi che le lanciava il suo umano… ma saremmo potuti diventare grandissimi amici!

Un amabile e graditissimo dislivello ci accompagna fino al Rifugio Capanna Lago Nero, nascosto all’ombra di un’altissima parete rocciosa e della diga dell’omonimo lago. Se si è fortunati e nella stagione giusta, qui si possono ammirare gli stambecchi che vivono popolosi in queste valli; noi ovviamente non lo siamo, anche perchè Loki fa di tutto per essere appariscente. Scendiamo dal ghiaione che precede il rifugio e costeggiamo l’acquedotto che ci indica la via di casa. Il rifugio, per chi fosse interessato, ha ottime torte, una cucina casalinga che se non avessimo avuto i panini avremmo assaggiato volentieri e ha in tutto circa 25 posti letto tra letti a castello e una confortevole camere matrimoniale.

Proseguiamo oltre lasciando che la fantasia si gusti questi sapori locali al posto nostro e iniziamo a scendere, come ogni discesa le ginocchia cigolano, i piedi iniziano a dolore e la mente corre alla macchina e al cambio scarpe. È dura, è dura perchè il sentiero per arrivare alla baite ENEL è ripidao e scosceso; è dura perchè le ore di passeggiata iniziano a farsi sentire e anche il lupetto – fatta eccezione pere un improvviso nuovo amore di nome Simba che segue correndo come un pazzo su e giù – è stanco e appena può ci aspetta seduto. 

Illuse! Una semplice tecnica per ricaricarmi in vista del bosco dove sono certo troverò legnetti interessanti da trascinare a valle, e come posso farlo se sono vagamente stanco?  

Dopo le baite si torna alla bocchetta e si passa ancora a quel bel muro che abbiamo fatto salendo, obiettivo: fermarci alla fonte all’inizio del bosco e farci un’altra tazza di tè con cioccolato. Raggiunto questo primo step, il bosco di faggi corre via e in quasi un batter d’occhio siamo al tratto in cemento. Qui i passi si fanno incerti e trascinati, ma sappiamo che il meritato relax è dietro l’angolo; soprattutto perchè in programma c’è un’altra tappa da Cristian per procacciarci un aperitivo di salumi, formaggi con un buon rosso. 

Dunque, in breve; il sentiero non è propriamente adatto a tutti, ci sono dei tratti importanti sia per difficoltà che per salite prepotenti; bisogna esser ben convinti e anche se il paesaggio maestoso compensa lo sforzo, lo sforzo c’è e ne va tenuto conto. Noi abbiamo impiegato 7 ore a completare tutto il giro, si può comunque valutare di restare a dormire in rifugio o farlo in estate ampliando le pause con le lunghe giornate che lo permettono. Ci sono numerosi punti per rifocillarsi con le fresche acque delle fonti e ricordiamo che si sale tanto, quindi conviene tenerne conto nell’abbigliamento.