Prima gita in montagna con la Stefi, la zia delle valli, che ci suggerisce un bel percorso tranquillo in Val Gandino, purtroppo la prima scelta, il Rifugio Curò in Valbondione, non era ancora praticabile causa neve sul sentiero. La recuperiamo alla Decathlon di Seriate e poi via, verso Val Gandino. È necessario seguire per il Monte Farno e di indicazioni ve ne sono parecchie e molto precise, ma è bene anche ricordarsi di comprare in paese il tagliandino per il parcheggio, cosa di cui noi eravamo a conoscenza avendo nel branco un’autoctona, ma che abbiamo comunque sbagliato credendo di poterlo acquistare più su. Non fate il nostro stesso errore, appena arrivate a Gandino chiedete il “gratta e sosta” ai bar La Spiga d’Oro, Caffè Centrale, Edicola Bar Antica Fontana, Il Vizio, Bar Sport, costo: 2 euro.
Lasciamo la macchina nel primo parcheggio poco prima una casa-colonia dove nel caso vi sono dei servizi accessibili al pubblico e ci incamminiamo per un breve tratto sulla strada asfaltata. Superiamo alcune case, con hotel e ristorante e arriviamo ad un bivio. Il percorso principale continua diritto passando accanto al Rifugio Farno, ma noi abbiamo deciso di andare a sinistra allungando un po’ il tragitto. Percorriamo una strada sterrata con due strisce di selciato ai lati, verso il roccolo del Morét.
Non mi lasciano ancora correre nei prati, non capisco come mai… ci sono giusto un paio di case, sento qualche cane pastore, ma cosa vuoi che sia? E invece nulla… guinzaglio lungo e si sale… tutto questo verde e non posso correre… che spreco!
Proseguiamo poi con un sentiero verso destra che segue la cresta del monte dove vi è una costruzione in legno che ricorda la cattedrale vegetale di Giuliano Mauri. Dalla cresta si gode una bellissima vista panoramica sull’Arera alla sinistra, mentre a destra, in basso il sentiero principale che raggiungeremo a breve. Proseguiamo diritto, passiamo accanto ad una rudimentale cartina della zona scolpita nel legno e raggiungiamo il Rifugio Farno, dove ci prendiamo una pausa tè-cioccolato. Il rifugio offre a qualsiasi avventore l’uso di distributori automatici nel caso foste sprovvisti di snack.
Da qui partono numerosi sentieri: Prato della Porta, Pizzo Formico, S. Lucio, ma noi proseguiamo sul 545 verso il Rifugio Parafulmine. Il rifugio si scorge già nella piccola valle chiusa tra colline, pozze e sentieri.
È veramente un posto affascinante, ma la facilità del percorso, la bella giornata e il fatto che fossimo andati di sabato, ha reso la passeggiata un po’ meno libertina del solito per il lupetto. Proseguendo vi sono almeno tre sentieri per raggiungere il rifugio, noi teniamo quello che prosegue nei pascoli sulla destra e che sale con più calma rispetto agli altri. Peccato solo che in uno dei rari momenti di libertà del cucciolo, siamo passati accanto a una pozza per mucche e chiaramente le urla di tutti e tre sono state accuratamente ignorate.
Mi chiamava! Quella meravigliosa pozza fangosa, mi chiamava ben più forte dei “No”, “Loki”… del mio branco di umani. Non capisco perchè, ma non volevano proprio che mi ci buttassi dentro, eppure l’ho fatto ed è stato bellissimo! Avrebbero dovuto provare anche loro!
Chiaramente dopo averci ignorato Loki decide di tornare tutto contento e lercio a scroccare coccole da tutti, branco e non, siamo obbligati quindi a metterlo in isolamento finché le sue condizioni non fossero tornate socialmente accettabili. Raggiungiamo il rifugio dopo ancora una manciata di tornanti dalla pozza. Il vento di quella particolare giornata ci ha reso la salita più piacevole e il pranzo decisamente freddo una volta raggiunto il rifugio con un ultimo tratto in salita; una scritta scolpita nel legno ci conferma di aver raggiunto il rifugio giusto: “Si riácc al Parafülmen”. È pieno, pieno, pienissimo di gente, molti con quadrupedi a seguito e spiegare al tontolupo che non è al parchetto e non può giocare con tutti diventa un compito arduo. Riusciamo però a goderci un paesaggio incredibile, con una vista che spazia in tutte le direzioni abbracciando tutte le Orobie.
Il sentiero del ritorno è il medesimo, ma questa volta teniamo la sinistra e seguiamo quello principale senza risalire sulla cresta del Morét. Il sentiero si fa presto con il fondo asfaltato, aiuta la discesa, ma è decisamente meno avventuroso dell’andata e presto raggiungiamo il parcheggio.
Il rifugio si raggiunge facilmente, il sentiero è adatto a tutti, anche ai meno allenati e permette di avere sempre davanti agli occhi paesaggi incredibili senza dover affrontare salite vere e proprie, c’è spesso un falso piano piacevole e si può tranquillamente chiacchierare lungo tutto il tragitto. È una notevole gita da fare in compagnia, senza tante pretese sulla fatica, ma molte sul paesaggio, la prossima volta vi faremo sapere anche com’è mangiare in rifugio, questa volta era decisamente troppo pieno! Ricordatevi che questo percorso, per la maggior parte, non attraversa boschi, lo suggeriamo quindi in stagioni non calde o in giornate velate e coperte se soffrite il sole pieno.