I giorno
Ore 3:45 suona la sveglia. Sembra parte del sogno, ma è tutto dannatamente vero e nonostante sia quella soft, dai suoni lievi per non risultare traumatica, viste le 3 ore e 30 minuti di sonno risulta comunque oscenamente fastidiosa. Tempo di capire chi siamo e realizziamo che siamo in partenza, a testimone lo zaino pronto accanto al kit di “sopravvivenza canino in trasferta”. Destinazione: Fabriano. Dopo aver trascinato fuori di peso sia Japo che Loki, recuperiamo i componenti aggiuntivi di questo branco da viaggio (Adri&Bonje) e poi via, via, via… ad accezione di una breve quanto intensa deviazione in mezzo ai vigneti all’altezza di Imola nella vana speranza di evitare la coda, completamente vana poiché il resto è solo traffico. Tant’è che il piano originale che ci vedeva a sguazzare felicemente al mare per tutta la mattina, naufraga miseramente e in parte letteralmente, dato i temporali che ci accompagnano fino alla costa adriatica. Alla fine però, nonostante il colore poco raccomandabile del cielo, il mare ci tenta e Loki affronta così il suo primo bagno salato (avevamo cercato in anticipo una spiaggia attrezzata per cani e Islamorada – Fano – faceva al caso nostro, anche se alla fine, visto il tempo, abbiamo optato per la spiaggia libera accanto, attrezzata anche questa per accogliere i quadrupedi).
Nota bene… è divertentissimo rincorrere le chiappe di papi e zio, provare a morderle e correre dentro l’acqua e poi nuotare, acchiappare i bastoni e seguire i sassi che affondano, tutto bellissimo… ma il mare non è il lago e bere quell’acqua fa veramente schifo!!! Ho vomitato per dieci minuti buoni… e non so quanti litri di naturale ho bevuto dopo… potevano anche dirmelo!!!
Dopo una pucciata veloce e un’inzuppata da temporale, la priorità passa dal divertimento al cibo in un parsec. Fortunatamente, l’Italia sotto questo punto di vista difficilmente delude e quindi, anche fiondandoci nell’unico ristoro aperto a sfida dei temporali odierni, sapevamo con quasi assoluta certezza che avremmo mangiato bene. Ordiniamo quattro piade e un paio di birre; nulla da dire, il posto è triste il giusto, la cameriera altamente scazzata e zuppa visto che Japo con un abile gesto di mano rovescia il vassoio con le bevande, ma il cibo è spaziale. Ce lo godiamo al fresco del temporale e dopo il caffè, visto il meteo e spinti anche dalla decisione della cameriera di chiudere nonostante la nostra presenza, corriamo verso l’auto, direzione Gubbio. Così un po’ umidicci, conciati da spiaggia, leggermente impanati di sabbia andiamo alla scoperta della città del lupo e di San Francesco.
Gubbio
È stupenda, è sempre stupenda. Un dedalo di vicoli dalle case medievali, dai balconi a gettante, dalle scalinate in pietra, dalla vista su colline che sembrano dipinte, dai monasteri, alle cattedrali, alle osterie. Sfortuna vuole che avendo appena pranzato non riusciamo a goderci uno dei piaceri principi della città: la crescia. Se capitate in zona, non privatevi di questa prelibatezza, ne vale la pena!
Vengo fermato da un bambino, mi accarezza dopo aver chiesto agli umani se poteva, io lo annuso, sa di buono, gli lecco la mano e diventiamo amici. Mi dice che sembro il lupo di San Francesco. Io non lo conosco questo tizio, ma se aveva un amico lupo doveva essere in gamba. Il bambino continua a coccolarmi finché non viene richiamato da sua mamma, mentre le corre incontro le racconta di aver accarezzato un lupo come quello del santo… si vede proprio che avevo un cugino famoso nella zona!
Lasciamo Gubbio nel tardo pomeriggio per raggiungere la meta ufficiale della nostra trasferta; Fabriano ci attende con la sua festa medievale e la nostra guida speciale, Filippo, un amico a km zero.
Fabriano
Una volta scoperto dove abbiamo la casa (poco fuori dal centro, ma scopriamo che è praticamente tutto poco fuori dal centro, dato che è davvero un piccolo gioiello) andiamo verso il centro storico e subito si percepisce lo spirito del palio. Filippo ci aspetta nella piazza principale che è allestita con un mercatino medievale con bancarelle di antichi mestieri e tutti in costume, è il mio pane. Mi ci perderei per ore, peccato che siano costrette a sbaraccare in fretta e furia, sì… ci si siamo portati dietro i temporali e un’acquazzone tropicale si abbatte su tutti i presenti. Ci ripariamo nel porticato dell’ex Oratorio della Carità, costruito a fine ‘500 e confinante col palazzo comunale, ora biblioteca. Qui Filippo ci racconta un po’ della sua città, gli occhi orgogliosi e le mani che tra un gesto e l’altro, continuano a stringere quelle dei passanti. È così che scopriamo che il nostro amico è un po’ il boss della città e che ne conosce davvero ogni angolo e ogni abitante. Appena smette di piovere, aperitivo con alcuni nuovi amici, ottimo bianco, pizzette e con Alessandra, fidanzata di Filippo, che ci raggiunge per brindare. Ma non abbiamo ancora visto nulla, la magia era dietro l’angolo e ancora non lo sapevamo. Qui la sagra di paese è a livello PRO, la cena – a cui partecipiamo grazie al nostro uomo all’interno e che non è aperta ai turisti, perchè organizzata dalle varie porte (quartieri) – è all’interno di un antico chiostro medievale, su tavolate lunghissime e caciarone.
Nulla, dopo aver annusato ed esplorato ogni angolo della città, mi parcheggio tra le gambe dei miei umani e mentre loro mangiano, chiacchierano e bevono, io dormo… e dormo senza nessuna distrazione, che meravigliosa ronfata!
Le 2 di notte (per me, Loki e l’Adri) arrivano senza neanche accorgersene, tra piatti tipici cucinati con passione, fiumi di vino bevuti in bicchieri di coccio e canzoni urlate a squarciagola. Rincasiamo tardi, storditi dal rosso e dalle risate, contenti, pieni e con la certezza che la nostra festa di paese “levati proprio”!
II giorno
La nottata è stata impegnativa, i due donzelli rientrano alle 4 del mattino, in condizioni che non stiamo a descrivere per decenza. Dico solo che Loki è andato a dormire in cucina per quanto il russare di Japo risultasse molesto. In tutto questo è stato necessario svegliarlo con maniere poco delicate perchè non potevamo tardare, ci attendeva il gioiello nel gioiello: il museo della carta. Dopo una deliziosa colazione in compagnia di un Filippo bello fresco e pimpante nonostante probabilmente una manciata di minuti di sonno, raggiungiamo il museo passando per le “infiorate” nelle chiese delle porte. Sono delle magnifiche rappresentazioni create con fiori sbriciolati all’interno della chiesa del quartiere, opere d’arte incredibili come anche la casa di Filippo, tirata fuori da un ex-monastero, piena di corridoi folli, camere immense e porte intagliate. Aggiungete che sua madre è un personaggio memorabile che ci intrattiene con storie avvincenti sia sulla sua casa che sulle sue passioni. Salutiamo dato che la visita al museo chiama e, fortunatamente per la casa, la visita è stata breve, ma intensa… spazi troppo pieni di ricordi meravigliosi per essere alla portata delle fauci cafone di Loki.
Mi piacerebbe una casa così, avrei una marea di posti dove nascondermi con i trofei rubati… e ne avrei così tanti da assaggiare… che sogno!
Il museo della carta di Fabriano è da vedere, assolutamente! È un museo diverso, è interattivo, è insolito, è raccontato con passione dai vari ciceroni e soprattutto, è alla portata dei quadrupedi! Ebbene sì, anche i cani possono entrare e non sono neppure discriminati per il volume. Tra le stanze che affacciano su un chiostro medievale meraviglioso (tanto per cambiare) abbiamo scoperto come si è perfezionata la tecnica cinese, come si è passati dagli stracci al cotone e alla cellulosa, abbiamo scoperto che si può fare anche con i carciofi, che il grasso animale è un perfetto impermeabilizzante e che il termine milanese “ciulare” (=fregare) deriva dal più grande falsario italiano, il siculo Ciulla. Abbiamo scoperto perchè Fabriano è un primato mondiale nel campo e in tutto questo Loki si è trascinato ancheggiando tra una stanza e l’altra scroccando senza dignità coccole da molti componenti del gruppo della visita.
Ah, è meraviglioso quando trovi quegli umani che, basta uno sguardo, e ti riempiono di coccole… non male davvero! Basta mettere su un paio di occhi dolci, scodinzolare piano, orecchie indietro ad aeroplanino e via…
Dopo il museo iniziamo a sentire quella familiare sensazione da fine viaggio, quando i minuti scorrono via tra il lento e il veloce, quando si vorrebbe stare a notare ogni singolo dettaglio perchè è fondamentale fare tutto prima di partire; così ci godiamo ancora le vie di Fabriano, ora silenziose dopo i bagordi notturni, ci inoltriamo nella parte bassa, sul fiume, tra le antiche concerie e pranziamo alla consigliatissima Trattoria Marchegiana. Chiudiamo magnificamente, con piatti con un’anima, una tradizione e ovviamente un sapore incredibile (in particolare le pincinelle con guanciale, fave e finocchietto son da perdere la testa). Poi mare; già, perchè dopo caffè, dolce e saluti, torniamo verso casa, ma con quella fretta tipica di chi non ha voglia di pensare al lunedì. Spiaggia, tuffo in acqua e partita a Uno (Harry Potter version) alla quale stravince l’Adri. Piadina con sciabordio delle onde, ultimi sguardi a un paesaggio che è familiare, me sempre troppo lontano e poi in macchina verso casa.
Okay, il mare non è male… mi piace di più la montagna, ma non è male… però le onde no, decisamente no… ieri non c’erano e mi è piaciuto moooolto di più… tra nuotare, non bere (eh sì, mi ricordo che fa schifo!) e tutta l’acqua in faccia quando non ero più veloce di loro… oggi sono ko tecnico!
Le Marche sono state accoglienti con noi, le persone piacevoli, appassionate e l’attenzione ai cani è percepibile in molte strutture – spiagge comprese – e se ce l’abbiamo fatta noi con il tontolupo…