I  giorno

Villa Londron, Nogoredo, Trentino. È l’albergo strepitoso che ci è capitato per un fine settimana inaspettato che guarda caso è anche la prima vera trasferta di Loki. La struttura accetta i quadrupedi, anche se un preavviso più lungo del nostro gli avrebbe permesso di darci una tra le camere con l’accesso diretto all’esterno e un po’ più spaziose – per i nostri standard anche quella che avevamo era perfetta, il letto a baldacchino era comunque più grande della nostra cucina.

Arriviamo dopo la più lunga trasferta auto del lupetto che regge bene il colpo e per sua gioia dopo il check-in scegliamo il trekking della giornata – previa ottima colazione al Bar del Centro. Su consiglio della proprietaria dell’albergo calcoliamo una tappa al lago Cei, così scegliamo il percorso delle due malghe Cimane (Presani e Pomarolo) che ha inizio proprio dal lago. Il trekking si rivela fin da subito decisamente – forse troppo – easy. Completamente immerso in immensi e rilassanti faggeti, con un venticello che aiuta ad allontanare la calura della bassa altitudine e dei tratti di sole. Unica pecca, l’insistenza delle zanzare che nel circondarci a frotte, ci ricordavano di aver dimenticato l’Autan in auto (NB: il percorso costeggia un laghetto che oltre a essere riserva naturale, è anche un florido ambiente dove le simpatiche succhiasangue prolificano, ricordatevene nella stagione estiva).

Loki, particolarmente a suo agio in questi ambienti, zampetta avanti e indietro – senza mai perderci di vista – inseguendo mosche giganti, ombre nel sottobosco e litigando con la scoperta del giorno: le formiche.

Non so cosa sia successo, all’improvviso ho sentito tutte le zampe prudere, come se centinaia di cose minuscole le stessero assaggiando! Così le ho viste… avevo tutte le zampe piene di macchie nere microscopiche! Formiche, così gli umani hanno chiamato quegli esserini piccoli e veloci che mi camminavano addosso! Ci ho messo un bel po’ a scrollarmele tutte via. Dovrò ricordarmi di stargli lontano!

Nel nostro improvvisato giro ad anello raggiungiamo la prima malga (Presana), che in realtà è la moderna intro a un piccolo villaggio di malghe ristrutturate che offre  un interessante rinfresco con birra locale e stuzzichini, oltre a una meravigliosa vista sulle valli e – per i più avventurosi – un sito per il parapendio. Armati di panini homemade continuiamo sulla nostra strada tenendo sulla destra la malga e il suo aperitivo e seguiamo le indicazioni per la seconda (Pomarolo), convinti di pranzare lì. Il sentiero s’inoltra, sempre con un piacevole falso piano, dentro un bosco di  faggi e sentiamo che siamo saliti leggermente poiché l’aria diventa subito più fresca. Continuiamo a seguire le indicazioni e dopo aver pranzato in una radura dalla vista decisamente interessante – ci siamo fermati senza incrociare nessun’altra malga prima del familiare brontolio in orario pranzo – continuiamo poi per un quarto d’ora abbondante su una strada asfaltata al termine della quale, in lontananza vediamo la famosa Cimana Pomarolo. Prima di arrivarci davvero, sulla destra incrociamo il sentiero che riporta indietro riprendendo il famoso anello che avevamo ipotizzato, così imbocchiamo un percorso stretto che attraversa prati, faggeti e la pineta più a valle. Entrambi i percorsi sono segnati come R1 andata-ritorno.

Una volta raggiunta l’auto che abbiamo lasciato praticamente al Lago Cei decidiamo di rilassarci godendoci la vista di questo decantato specchio d’acqua. Okay, non è certo il Garda, ma è carino, con alcune spiaggette erbose che ti permettono di pucciare i piedi e zampe, senza fare però il bagno, un paio di zone di pesca…

Okay, scusate se interrompo… ma vorrei sottolineare che, anche se stravolto, avrei voluto volentieri fare un bagno nel lago! Sono stati gli umani che non sono stati in grado di trovare un angolo libero a causa di tutta la gente già parcheggiata nelle zone libere… io mi sarei lanciato senza problemi e avrei anche potuto tentare di entrare in acqua senza fare casino, senza schizzare i vicini o disturbare i pescatori!

Ma niente…

ma il resto del lungo lago, sfortunatamente per noi comuni mortali, è il giardino privato delle svariate villette che circondano il lago. Qualche minuto di pausa, i due ragazzi dormono, entrambi russano di tanto in tanto e poi torniamo in Hotel a prepararci per la serata.

Ceniamo alla Vineria Trattoria Tarczal, a circa mezzora a piedi dall’hotel dove il nostro seguito peloso è ben accetto e gli viene anche servita un’abbondante ciotola d’acqua fresca. Se doveste voler cenare qui, non lasciatevi scoraggiare dai minuti a piedi – sempre che alloggiate nello stesso albergo, o nello stesso paese – serviranno dopo la cena strepitosa e se percorrerete l’Antica Via Romana – una stradina in mezzo alle Vigne – diventerà anche una romantica avventura che migliorerà al ritorno se vi farete tentare, com’è accaduto a noi, dal Gewürztramer, ottimo vino bianco, dolce e fruttato prodotto da loro. Non temete, anche se non siete in grado di pronunciarlo, ordinarne una bottiglia verrà naturale. Un consiglio: gli gnocchi al forno con porcini e tartufo sono pazzeschi, la tartare ottima e lo strüdel degno del suo nome… ma non bevete il caffè, decisamente meglio finire con il vino!

II  Giorno

Oggi giornata culturale, ovvero, si va per città… anche se con Mr “Pipì mattutine”  la giornata inizia circa alle 5:34. Ne approfitto per godermi uno dei giardini dell’hotel e la pace che solo le ore prima dell’alba sanno regalare, una pace che mi permette di rubare impunemente – sì, mi confesso colpevole – una manciata di ciliegie, ottime per altro.

Non riuscivo più a tenerla… giuro, ci sto lavorando, ma dovevo proprio uscire!!! E comunque, si lamenta tanto, ma deve ringraziare me se vede l’alba così spesso!

La sveglia – quella vera e sonora, non pelosa e coatta – suona verso le 8; con calma ci svegliamo e ci apprestiamo a mettere in atto il piano “colazione in differita” perchè sì, l’albergo accetta i quadrupedi, ma non li ammette nella zona ristoro, quindi tenetelo presente come informazione generale. Noi siamo stati fortunatissimi poiché, con nostra piacevolissima sorpresa, la proprietaria ha preparato per noi nel gazebo all’esterno, la giornata lo permetteva ed è stata una colazione fantastica. Chi non ama la colazione in hotel? Nessuno sano di mente… quindi già la colazione in albergo per me è pura poesia, se la pensate poi in giardino, sotto un gazebo di rose in fiore, con un leggero venticello e il cielo azzurro delle montagne… non dico altro.

Va bene che devono fare colazione, ma comunque io tranquillo, mentre uno dei due sparisce, proprio non riesco a starci, per fortuna stavano via per poco e l’erbetta su cui posso sdraiarmi mi distrae abbastanza…

Roveredo

Visitiamo questa cittadina dalle caratteristiche marcatamente medievali – ammetto – un po’ a casaccio, in maniera inconsapevole, ma non incosciente. Abbiamo sempre amato perderci nelle città, convinti che solo così si scoprano scorci inaspettati, angoli nascosti che hanno tutta una loro storia e anche questa volta la teoria si dimostra esatta, soprattutto avvicinandoci al fiume e al castello che, per la cronaca è Museo della Guerra, ma è precluso l’ingresso ai cani di grossa taglia, mentre i piccoli in trasportino possono

Sì… non è né la prima, né l’ultima volta che vengo discriminato per il mio volume (come dice l’umana)… ma non entrare in una casa gigante di pietra non mi pesa tantissimo, non mi piace quando sono gli altri cani – o i loro umani – a farlo… io voglio solo annusare e giocare…

Spinti da reminiscenze di cose lette giorni prima nel tentativo di organizzare il fine settimana, cerchiamo la più antica torrefazione italiana, tale “Antico Caffè Rosmini”; lo troviamo, Roveredo non è New York, ma con nostro grande disappunto. È stato completamente ristrutturato, ma a scapito di storia e cuore, è ora infatti un bar anonimo e nulla, non ce la sentiamo di fermarci per una degustazione di metà mattina. Ci concentriamo quindi sull’altra tappa consigliata dalle reminiscenze che dicevo prima; la Campana ai Caduti, impostiamo Maps e partiamo. E giriamo, giriamo,  giriamo in un insensato tour che ci riporta al punto di partenza dopo 15 minuti di esplorazione irrazionale tra ville stratosferiche e ciclisti della domenica, per scoprire poi che era esattamente sopra le nostre teste – sulla collina che si vede dalla piazza principale. Lasciamo perdere l’incazzatura con Maps convincendoci che è stata certamente una vendetta premeditata per tutte le volte che non gli abbiamo dato retta e proseguiamo. Tale Campana è un monumento alla memoria e la sentiamo rintoccare ben prima di raggiungerla. Ci piacerebbe anche vederla, ma sappiate che i cani non sono ammessi, nonostante il biglietto d’ingresso per vedere il monumento. Ammetto che ci siamo un po’ risentiti, non essendo un museo, essendo all’aperto ed essendo stata forgiata per un nobile e importante motivo, sarebbe bello che tutti vi possano accedere, ma okay. Giriamo la macchina e via verso Trento.

Trento

Ora, risolto il problema non da poco del parcheggio e per questo non abbiamo  molti consigli se non tanta pazienza e confidare nella buona sorte (vicino alla stazione e al Castello Bonconsiglio potrebbe essere che un colpo di fortuna diventi più probabile). Ci si presenta una città un po’ vuota (vuoi forse per il tempo e la leggera pioggerellina che ha accompagnato il pranzo), ma altrettanto ricca di storia, di anima e di edifici incredibili, dalle più varie fattezze e colori. A pranzo ci fermiamo in un posto a casaccio, nelle vie di fronte al castello, una birreria con tavoli all’aperto che sicuramente accetta Loki. Japo assaggia dei würstel lessati e serviti in acqua bollente con patate in salsa agrodolce niente male, io invece gnocchi alle erbe con finferli, ottima la birra chiara. Ma la perla del pranzo ce la regala la compagnia crucca alle nostre spalle e in particolare uno dei  due  vecchietti che, dopo un certo notevole quantitativo di vino, si distingue per:

  • Fare battute a cui, dei quattro al tavolo, ride solo lui;
  • Rutto libero 9.2 della scala Mercalli;
  • Incontro poetico in bagno con Japo che lo riporta alle prese con l’apertura a pedale del cestino che continua a ribaltare tra inequivocabili bestemmie;
  • Last but not least, si alza barcollando da tavola e con metro rigido si mette a misurare le fioriere nelle vie della città. GIURO, è tutto vero e bellissimo!

L’umanità è davvero un pozzo infinito di stravaganze, non c’è che dire. Dopo aver incrociato il nostro cammino con quello del crucco misuratore ancora un paio di volte, decidiamo di perderci anche in questa città, che come  Roveredo non delude, anzi. Tra accenni medievali, altri rinascimentali e i segni delle grandi guerre, Trento affascina e lascia piacevolmente stupiti. Peccato solo che ancora una volta, per “discriminazione” di taglia, non ci è permesso entrare al Castello del Buonconsiglio, ma approfittiamo comunque della possibilità di vedere il giardino e il pergolato.

Non so quanto tempo abbiano perso i due bipedi per quelle ridicole foto che mi hanno costretto a fare “in posa” davanti al cartello: 2seduto”, “resta”, premio e ancora, e ancora… però i biscottini sono mica male, e per quello che chiedevano; beh zero sbatti, massima resa.

Scesi a compromesso con il fatto che se avessimo trovato un maltese al posto di un cane lupo avremmo potuto visitare il 70% dei musei e luoghi d’interesse del mondo, risaliamo in macchina e torniamo a casa.

Dunque, il Trentino è il Trentino, noi ne abbiamo avuto un piccolissimo assaggio,  ma è certamente bastato ad avere la certezza che ci torneremo; le persone sono cordiali e disponibili, ma su alcune dinamiche legate al turista cane-dotato c’è ancora un po’ da lavorarci, sono però decisamente sulla via giusta! Alla fine, in passeggiata nessun problema; per i ristoranti basta cercare, ma si mangia bene ovunque, quindi no problem e per l’albergo, sono stati gentilissimi. Si rinuncia un po’ alla parte di pura cultura, ma c’è chi è anche felice, quindi è un buon compromesso.